Era il 1959 quando veniva stampato “Jump Book” di Philippe Halsman. Un classico dell’editoria fotografica che dopo tutti questi anni è stato ripubblicato da Damiani editore.
Quello del saltare è un movimento futile ma altamente evocativo: simbolo di libertà, di fanciullezza e di gioia che permette di far cadere la maschera che solitamente ognuno di noi è abituato ad indossare nella società. Questo lo sapeva bene Philippe Halsman, il quale al termine di ogni servizio fotografico chiedeva ai suoi soggetti di liberarsi da ogni inibizione e fare un piccolo salto, cogliendoli nel preciso istante in cui i loro piedi si staccavano dal suolo e rimanevano sospesi a mezz’aria.
“Jump Book” è un libro di quasi duecento fotografie che ritraggono celebrità della metà degli anni Cinquanta – politici, artisti, letterati e reali – intente a compiere questo preciso gesto. Dal salto serio e un po’ ingessato del giurista Learned Hand a quello leggiadro di Grace Kelly, dal simpatico doppio ritratto della coppia reale il duca e la duchessa di Windsor a quelli un po’ alla superman di Thomas E. Dewei e Margaret Truman Daniel. Impossibili da non citare anche gli ormai storicizzati salti di Marilyn Monroe, Edward Steichen, Audrey Hepburn, Robert Oppenheimer, Weegee, Marc Chagall, Salvador Dalì e Brigitte Bardot.
La ragione di questi salti è semplice e Halsman, nel saggio contenuto all’interno del libro, spiega come “la scienza del salto” vuole che «quando si chiede ad una persona di saltare la sua attenzione è principalmente rivolta verso l’atto di saltare e la maschera cade, facendo apparire così la persona reale». Si esalta ed emerge la spontaneità, la personalità e anche il carisma della persona, che per un piccolo istante libera la mente da ogni pensiero quotidiano.
Articolo di Claudia Stritof pubblicato su The Mammoth’s Reflex (20 gennaio 2016).
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