Scriveva Emidio Clementi ne La notte del Pratello in merito all’omonima via di Bologna: «strada di schiavi e di puttane. Di protettori e ladri di polli. Di mangiatori di topi. Anche di gatti, ovviamente. Origini oscure. Suburbia. Suburbia anche dopo, una volta inglobata alla città. Addossata alle mura. Terrorizzata dai mutamenti. Quasi campagna e quasi città. Rifugio di giocatori d’azzardo, esperti in truffa alla francese, preti, uomini arrapati, alcolizzati, cacciatori di topi, spie, travestiti. Fame perenne. Regno del precariato. Indolenza».
Il Pratello tra le più vivaci e popolari vie della città nel corso dei secoli ha vissuto destini alterni: aperta campagna, zona popolare annessa alla città, sede di lotte studentesche e commemorazioni, di manifestazioni e luogo di svago. Una via breve, ma che in sé racchiuse l’essenza di una città e che tramanda le storie di chi l’ha vissuta, di chi ormai non c’e più, di chi vi è rimasto e l’ha vista cambiare.
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