Leggo con attenzione le notizie sull’attentato di Parigi cercando di comprendere la realtà di oggi. Una realtà che di punto in bianco sembra esser diventata un incubo ad occhi aperti. Ma quelle che si affollano nella mia mente sono infinite domande a cui non riesco a dare una risposta.
Ad un certo punto, mentre stendevo i panni, ho iniziato a piangere. Lacrime inconsapevoli e spontanee, senza un’apparente ragion d’essere. Forse, è stata proprio la quotidianità del gesto a farmi riflettere: io ero lì a stendere i panni, mentre la ragazza appesa alla finestra del Bataclan cercava una via di uscita disperata verso la libertà.
Lacrime, forse dettate dalla paura per ciò che non si può prevedere e sicuramente nate pensando a quei ragazzi che come me, il venerdì sera sono usciti per assistere ad un concerto live e che invece sono diventati bersaglio di un attacco terroristico.
Penso che la maggior parte delle persone in questo momento stia provando le mie stesse sensazioni di incertezza, di paura ed una forte stretta al cuore ma anche tanto amore per chi oggi non c’e più.
Penso al terrore e allo shock dei sopravvissuti, penso ai giovani che oggi si sarebbero dovuti svegliare nel proprio letto e salutare con un bacio la propria fidanzata o i genitori. Aprire il frigorifero, fare colazione e casomai raccontare ai coinquilini la serata appena trascorsa per poi proseguire la propria vita normalmente. Programmare una vacanza, decidere cosa fare delle propria vita, con chi condividere il proprio futuro, commettere sbagli, laurearsi, andare a lavoro o poltrire tutto il giorno.
E invece no, perché loro sono morti. Trucidati con l’unica colpa di essere… …di essere cosa? E’ proprio questo che non capisco!
Di essere …occidentali? …parigini? …di avere delle idee? Perché…? Perché tutto questo odio? Perché arrogarsi il diritto di decidere chi deve vivere e chi deve morire? Perché giornalmente vengono bombarde città? Per cosa?
Non riesco a capire e allora voglio affidarmi alle parole di un uomo che ho amato e che continuo ad amare, quelle di Tiziano Terzani:
[…] Voglio andare nelle scuole, voglio parlare ai giovani, voglio portare la voce, non tanto della ragione, ma la voce del cuore. La voce che tutti hanno […] Il cuore parla con la stessa voce in tutti. La stessa voce, anche in differiti lingue. E’ la voce della pace. Non c’e discussione. Se lei chiede a chiunque: “Ma tu vuoi la guerra o vuoi la pace?”…. Tutte le religioni dicono non uccidere. E non dicono non uccidere i bipedi, quelli come te, non uccidere il tuo vicino. Dicono NON UCCIDERE.
Sarebbe bello poter parlare a quei giovani, dirgli che la guerra non esiste, che gli uomini non uccidono i loro vicini. Sarebbe bello potergli chiedere ma tu vuoi la guerra o la pace? o semplicemente domandargli Il concerto di ieri sera ti è piaciuto?
Ma questo non è possibile! Spero realmente che prima o poi riusciremo a parlare la stessa lingua, quella che Terzani chiama la lingua della pace, perché quello che ora sento sono solo urla di dolore e disperazione soffocate da colpi di kalashnikov e quello che vedo sono corpi velati dai resti di quelle che un tempo erano bandiere delle pace, ora stralciate e tinte di rosso, quello del sangue delle vittime innocenti.
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