Qualche giorno fa ho ascoltato un’intervista fatta ad Alice Pasquini, street artist e illustratrice romana che, dopo aver realizzato murales a Oslo, New York, Copenaghen, etc., è arrivata, per puro caso, a Civitacampomarano, un piccolo paesino del Molise.
Ciò che più mi ha colpito di questa storia è il perché ci è giunta: circa un anno fa Alice riceve una email da una ragazza che la invita a visitare il paese per realizzare degli interventi nel piccolo borgo, il quale – come molti altri in Italia – con il tempo si è spopolato.
Ciò che non sapeva la mittente della email è che quello era il paesino dove il nonno della Pasquini era nato.
Un caso? Il destino? Non lo so! Sta di fatto che da queste fortuite coincidenze (le stesse che Paul Eluard avrebbe definito “appuntamenti”), il paesino ha ritrovato nuova linfa vitale, perché oggi ospita numerosi murales e opere che hanno inondato di colore le stradine, portando numerosi turisti nel borgo.
Strade diverse che si sono incrociate e dal cui incontro è emersa l’essenza del luogo, perché come ha scritto Bernard Shaw, «è attraverso l’arte che si guarda la propria anima». Per giungere a tale meraviglia ci è voluto del tempo, sicuramente un periodo di riflessione e anche di pausa. Ci saranno stati momenti di grinta, come di scoraggiamento, ma alla fine, dopo essersi fermati per capire quale fosse la strada migliore da intraprendere per realizzare i propri desideri, il sogno si è avverato.
È come se a un certo punto ci si ritrovasse davanti a uno specchio… e ci si chiedesse: «e ora da che parte vado?». La stessa domanda che Alice (questa volta l’Alice di Lewis Carroll) pone allo stregatto, quando si ritrova a un bivio:
“Che strada devo prendere?” chiese Alice.
Stregatto: “Dove vuoi andare?”.
“Non lo so”, rispose Alice.
“Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza”.
Effettivamente alcune volte per cercare una via maestra, si dovrebbe solo rischiare e percorrere alla cieca una determinata strada, stando attenti a vivere il momento, accorgendosi che realmente questo lo si sta vivendo, senza troppo tirare le briglie per paura di perdersi.
Per inciso, atteggiamento che naturalmente io non ho adottato, non capendo che proprio l’ansia di cercare questa cazzo di strada, alcune volte fa perdere di vista ciò che realmente si vive, lasciandosi sopraffare dai pensieri. Alcune volte le strade si incrociano, le persone anche, e se questi incontri non hanno una ragione ben precisa, possono però dare dei frutti vivi e gustosissimi.
La domanda che mi sopraggiunte è una: quando ci accorgiamo di esser riusciti a far tesoro del nostro passato?
Alcune volte si capisce che questo è ancora prepotentemente presente da alcuni particolari della nostra vita, che talune volte emergono quando la maschera che si indossa per un qualche motivo inaspettato viene a cadere. Alcune volte si fa finta di non vedere questi particolari, ma si sentono e si conoscono, «di solito – anche – Alice si dava degli ottimi consigli, però poi li seguiva raramente».
Spesso notiamo un cambiamento personale, ma per uno strano caso non lo capiamo pienamente, così si adottano varie strategie per affrontarlo che invece di aiutarci ci rendono la strada più faticosa; si cerca una strada che probabilmente stiamo già percorrendo, tutto muta e forse l’unica cosa da fare è fermarci, giusto il tempo per comprenderlo, che siano ore o settimane. Anche i ragazzi del borgo molisano si saranno fermati a riflettere su come valorizzare la loro terra: hanno guardato al passato, hanno riflettuto e proprio dalle spoglie di ciò che era, hanno dato nuova forma all’oggi.
Percorsi personali, strade sicure e strade impervie, vite nuovi, borghi viventi… la domanda è sempre una: perdersi aiuta a ritrovarsi?!
Testo di ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati.
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