Quella di Locri è una storia antica… Una popolazione di artigiani e pescatori ma anche di scrittori, poeti e artisti. Si pensi a Zaleuco, primo legislatore del mondo occidentale, al filosofo Timeo, alla poetessa Nosside e all’atleta Eutimo.
Lodiamo la Calabria perché è la nostra terra, affermiamo che potrebbe essere meta prediletta per le vacanze ma ci dimentichiamo di apprezzare le nostre meravigliose risorse, e non parlo solo del mare, ma di tutto ciò che ci circonda.
Locri è situata nella Costa dei Gelsomini, chiamata così perché un tempo il Jasminum cresceva rigoglioso. Mia mamma racconta sempre di quando da piccola vedeva le donne raccogliere i piccoli profumatissimi fiori bianchi, i quali una volta colti venivano poi venduti per la produzione di profumi ed essenze.
Attraversare la Strada Statale 106 – oggi conosciuta per numerosi incidenti stradali, ponti che crollano dopo alluvioni e per la fioritura incontaminata di abomini architettonici – doveva essere invece una sorta di paradiso in terra dove la natura cresceva maestosa.
Vi è un luogo, proprio sulla SS 106, che ci permette di rivivere il nostro passato. Un passato molto lontano, che risale all’incirca al 700 a.C., ed è Locri Epizefiri dove oggi sorge l’omonimo Parco Archeologico.
Un po’ di tempo fa – in periodo di bassa stagione – con un mio amico abbiamo deciso di far visita agli scavi e appena varcata la soglia del museo, lo spettacolo di natura incolta e selvaggia ci ha stregati. Non ricordavamo la bellezza del luogo, qua e là papaveri, margherite e alberi maestosi che subito denunciano il loro stretto legame con le attività produttive del territorio.
L’erba incolta celava al nostro sguardo una parte degli scavi di Centocamere, ma se da un lato questo non permetteva la visione integrale del sito, d’altra parte ammantava i ruderi di un mistero antico.
Centocamere è un tratto molto lungo della vecchia cinta muraria dove era situato il quartiere artigiano, rinvenuto grazie a scavi sistematici effettuati a Locri nella seconda metà del Novecento.
Ai lati del vialetto che circonda il quartiere sono presenti delle panchine per la sosta ma purtroppo erano ricoperte dalla plastica protettiva e quelli che dovevano essere dei totem per approfondimenti storici si presentavano come mere cornici vuote.
A distanza di molti mesi non so se la situazione sia cambiata, ma lì per lì ho pensato semplicemente che questa è anche colpa nostra che non abbiamo la cultura di vivere il museo e i nostri beni artistici come quotidianità, ed ecco che un luogo che dovrebbe – e potrebbe – accrescere la nostra sensibilità, rimane avvolto nel cellofan per essere protetto dal tempo che inevitabilmente logora ciò che è lasciato a sé stesso, senza dare la possibilità a chi lo gestisce di credere nuovamente che lì potrebbe nascere qualcosa di bello. Ogni amore e ogni amicizia se non curata, accresciuta e apprezzata lentamente muore e lo stesso avviene per il nostro ricco patrimonio culturale.
Purtroppo non è connaturato in noi amare i nostri beni culturali e molto spesso questi luoghi ricchi di storia rimangono sconosciuti agli stessi ragazzi delle scuole che sono i primi che dovrebbero viverli giornalmente.
Di quel poco che ricordo delle gite fatte alle scuole superiori, sono state rare le volte in cui la scuola ci ha portati a visitare gli scavi e le architetture storiche di cui siamo circondati, certo dobbiamo fare i conti con altri problemi – mobilità e badget – ma il problema è rilevante.
Avendo frequentato il liceo artistico, ogni giorno il nostro esercizio era quello di disegnare prendendo ispirazione dai calchi in aula e i templi, gli stili e le planimetrie le abbiamo lette solo sui libri, ma con il senno di poi capisco che sarebbe stato più proficuo per la nostra conoscenza se ogni tanto fossimo andati a disegnare dal vero, come gli antichi viaggiatori che un tempo percorrevano le vie impervie della Magna Grecia solo per vedere in prima persona tali meraviglie.
Credo che questo mancato dialogo avvenga perché purtroppo il museo è vissuto come qualcosa di altro rispetto alla vita quotidiana, invece di essere pensato come un luogo di formazione.
Dopo questa breve digressione torniamo al quartiere di Centocamere che si presenta come un insieme di isolati ben definiti, numerose le fornaci che si sono mantenute in ottimo stato di conservazione e, non lontano da quella più grande, vi sono alcuni pozzi e un alterino in pietra.
Gli scavi sono ben conservati e lungo il percorso si riceve una grande emozione sensoriale, perché, oltre ai resti architettonici, è presente la tipica vegetazione mediterranea con grandi alberi e piante di rosmarino che rendono la visita piacevole anche all’olfatto.
All’ingresso degli scavi, c’e la torre quadrata di Parapezza, il Santuario di Zeus Saettante e il Santuario di Demetra Thesmophòros, in cui già Paolo Orsi aveva rinvenuto molte statuette, doni votivi e numerose coppette e foglie di metallo probabilmente utilizzate durante i rituali; subito dopo si giunge al Santuario di Marasà, qui il cuore si riempie di gioia, perché oltre ad essere uno spettacolo per la vista, per la prima volta incrociamo degli approfondimenti storici, così da permetterci una lettura comprensibile degli scavi.
Purtroppo la zona superiore degli scavi non era visitabile, per cui molto delusi, torniamo all’interno dell’edificio per visitare il Museo con i molti esempi di scultura ritrovata a Locri, tra cui le famose tavolette votive locresi: pinakes.
Solitamente io utilizzo un hashtag #sognounacalabriamigliore, quando noto qualcosa che non mi piace della Calabria, in questo caso, al Museo e Parco Archeologico di Locri, ho visto l’amore per la mia terra, per le nostre tradizioni e per la nostra storia di cui potremmo vivere se solo riuscissimo a valorizzare concretamente le nostre potenzialità. Anche in questo caso, molti particolari di cui ho scritto sopra andrebbero migliorati e il sito andrebbe comunicato e valorizzato giornalmente, perché è veramente un luogo dove subito si assapora ciò che potrebbe essere e ciò che potremmo diventare. Il cuore e la mente, immersi in tale bellezza, vengono appagati da sensazioni uniche che trovano le loro radici in tempi antichi ma che non per questo sono morti, anzi aspettano solo di essere riscoperte.
Testo e foto ©Claudia Stritof
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Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri
Contrada Marasà, 89044 – Locri (RC)
Lun – Dom: dalle ore 9:00 alle ore 20:00
Biglietto: € 4 normale / € 2 ridotto. Ogni prima domenica del mese ingresso gratuito.
Tel: 0964/390023
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