Se dovessero chiedermi cosa mi manca di Firenze, automaticamente, direi il Cimitero degli Inglesi, dove ogni tanto andavo per pensare e trovare un po’ di tranquillità.
Il Cimitero degli Inglesi è un luogo pittoresco, piccolo ma immerso nel verde e costellato di statue ed epigrafi le quali lo rendono un luogo magico e fuori dal tempo, nonostante sia collocato nel bel mezzo dei chiassosi viali della città, dove spesso e malvolentieri si sente il rumore delle macchine e dei clacson.
Il cimitero è stato fondato nel 1865 e chiuso nel 1877, quando prende avvio il risanamento di Firenze con l’attuazione del Piano Poggi: in questo periodo le antiche mura della città vengono abbattute per far largo agli attuali viali di circonvallazione e il cimitero, prima addossato alle mura, ora è inglobato all’abitato, assumendo l’attuale forma ovale. Il camposanto per fortuna è stato salvaguardato dalla distruzione, al contrario di ciò che accadeva per altri cimiteri, in virtù del suo notevole pregio artistico e le importanti personalità ivi seppellite.
Appena varcata la soglia si viene catturati da una sensazione di atemporalità, ogni suono svanisce, ed è come essere catapultati in una dimensione diversa, spirituale e solenne, che accompagna il visitatore per tutta la durata della visita. Dallo stretto vialetto in ghiaia ci si addentra sulla collina, fino ad arrivare sulla sommità dove si erge la colonna commemorativa offerta da Federico Guglielmo IV di Prussia nel 1858. Qui si incrocia un secondo vialetto perpendicolare al primo che scende sui fianchi della collina, mentre dei cipressi schermano lo sguardo e cingono il visitatore in un abbraccio purificatore e rassicurante.
Le tombe realizzate da abili mani in periodo Romantico sono di eccezionale bellezza, i marmi bianchi risplendono sotto il sole cocente, le lucertole si spostano velocemente tra le foglie d’edera al suono del passo leggero che incede sulla terra, mentre nell’aria si sente il profumo dolce delle rose e quello pepato del legno di cipresso. Un angelo tiene in mano una corona di alloro, due angioletti sono intenti a leggere delle preghiere su un cartiglio mentre una donna anziana abbandona la nuca sulla tremolante mano. Le vesti cadono morbide sullo scheletro della Morte bendata che è intenta a falciare un mazzo di gigli, mentre il simbolo dell’uroboro campeggia su un’urna sferica.
Sulle lapidi si scorgono nomi antichi e importanti, preghiere e lodi di uomini che vissero in un tempo lontano e che lì hanno trovato la pace eterna, tra questi lo scrittore Jean Pierre Vieusseux, la poetessa inglese Elisabeth Barret Browning, la cui bellissima tomba è stata disegnata da Frederic Leightoin, e quella del poeta Walter Savage Landor. Ovunque si leggono simboli di morte e resurrezione: su una tomba vi è una corona di alloro, una pianta sempreverde che nell’iconografia cimiteriale di solito è legata al concetto d’immortalità, rappresenta la gloria e il trionfo e talune volte anche la purezza fisica e spirituale. Ancor più frequente è l’ancora, simbolo di fermezza di spirito e di fede, mentre l’incessante trascorrere del tempo è trasfigurato nella clessidra.
Il Cimitero degli Inglesi è un luogo incantevole, un’isola di pace, che non a caso si dice sia stato d’ispirazione per il celebre dipinto L’isola dei morti di Arnold Böcklin, il quale aveva sepolto qui l’adorata figlia Mary, morta in tenera età.
Immersa in questa pace, il mio pensiero corre, la mente vaga e scaturiscono profonde riflessioni sui sogni ancora mai realizzati e sui desideri reconditi, ma sorgono anche paure e timori di un futuro incerto. Ferma, all’apice del monticciolo, mi torna in mente quella bellissima poesia che è La Collina di Edgar Lee Masters, perché proprio lì poeti, artisti, filosofi, scrittori e scultori eternamente dormono su quella collina a ricordarci di vivere il nostro fugace tempo della vita prima che sia ormai troppo tardi per sognare e vivere intensamente.
Testo e immagini ©Claudia Stritof. All rights reserved.
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