Un uomo e una donna, amici e amanti, affetto e condivisione.
Questi gli ingredienti fondamentali di una storia d’Amore, quella tra Samantha e Theodore. Unico inconveniente: lei non ha un corpo, ma è un sistema operativo di ultima generazione, l’OS1.
Un amore che sembrerebbe impossibile, ma che trascende a tal punto da diventare reale.
La storia è quella del film Her di Spike Jonze, e nel monologo finale, Theodore scrive una lettere alla sua ex moglie: “Cara Catherine, sono stato qui a pensare a tutte le cose per cui vorrei chiederti scusa. A tutto il dolore che ci siamo inflitti a vicenda. A tutte le cose di cui ti ho incolpato. A tutto ciò che volevo che tu fossi o dicessi. Mi dispiace per tutto ciò. Ti amerò sempre perché insieme siamo cresciuti. mi hai aiutato a farmi diventare chi sono. Voglio solo che tu sappia… che dei frammenti di te resteranno per sempre in me. E di questo te ne sono riconoscente. Qualsiasi cosa tu sia diventata e ovunque tu ti trovi nel mondo. Ti mando il mio amore. Sarai mia amica per sempre. Con amore, Theodore”.
Guardando il film mi sorgono numerosi dubbi poiché un rapporto tra due persone reali presuppone condivisione, crescita e scambio di affetto e sentimento, in poche parole empatia, che scaturisce solo nel momento in cui ci si avvicina a qualcuno, si accarezza o semplicemente avviene uno scambio di sguardi.
Ripensando al film e alle sensazioni che mi ha trasmesso, la mente è andata a un portfolio visto al MACRO di Roma di Fulvio Ambrosio, classe ’86, con la serie 1:1.
Il fotografo sul suo sito afferma: “Mescolo la mia fotografia con i miei studi sulla psicoanalisi e le relazioni. Si tratta di una situazione sperimentale, insolita, dato che il toccare il volto di una persona è generalmente appannaggio di una relazione intima”.
Sensazioni uniche che mai, anche in un lontano futuro, potremo sostituire con una macchina.
Un po’ come l’algoritmo di Facebook che genera l’album dei ricordi con la frase: “È stato un anno meraviglioso. Grazie di aver contribuito a renderlo tale”.
La domanda sorge spontanea: è giusto che sia una macchina a scegliere le foto, i sentimenti e che mi dica come è stato il mio anno?
Il mio non è stato un buon anno e allora perché Facebook non l’ha capito?
La risposta è semplice ed è chiara a tutti, semplicemente perché Facebook è un programma, le tecnologie sono tecnologie e la carezza di una sorella, dell’amato, della madre, di un amico non può essere sostituita in nessun modo.
Sensazioni diverse che cambiano nel tempo, in ogni istante e con ogni persona che incontriamo sulla nostra strada.
Con alcuni amici condividiamo tutto, con altri siamo più distaccati. Rapporti che possono far bene, come anche far male ma in qualunque caso sono doni, scambi e condivisioni, piccole parti dell’altro che porteremo sempre con noi. Film, fotografia e vita continuano a ribadirlo, in un continuum di sensazioni e riflessioni.
Testo di ©Claudia Stritof. Tutti i diritti riservati
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